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«L’emergenza è stata gestita in maniera efficientissima, eppure ci troviamo in Africa – ammette il cooperante italiano – e sono rimasto piacevolmente sorpreso. Il primo ministro, all’arrivo dell’epidemia, ha dato un messaggio diretto e semplice ai cittadini, indicando il protocollo di trattamento da seguire: idrossiclorochina e azitromicina a domicilio e plasma iperimmune in ospedale. Praticamente tutti i medici hanno seguito sul territorio e in ospedale questa terapia: idrossiclorochina 200 milligrammi la mattina e 200 la sera per sette giorni e azitromicina 500 milligrammi al giorno per sei giorni. Il 90% dei contagiati con questo trattamento è guarito in una settimana; il restante 10%, che corrisponde alla popolazione affetta da ipertensione e diabete, quindi già con doppia patologia, è stato trattato in ospedale con anticoagulanti, cortisone e, appena è stato possibile, plasma iperimmune. In un mese l’epidemia è stata spenta con un totale di dieci decessi su un milione e quattrocento mila abitanti. L’annuncio dell’emergenza è stato dato l’8 marzo quando ancora non c’erano casi a Mauritius che sono arrivati dopo qualche giorno con i turisti francesi. Sono stati allora interrotti i voli, è stato fatto il lockdown che è durato tre settimane, poi l’epidemia è stata spenta».

Non si sono spente invece le polemiche sull’efficacia, o meno, della cura a base di idrossiclorochina che, dalle parole di Rango, sembra essere ampiamente utilizzata anche in altri Stati: «Probabilmente l’India, anche se è un’informazione difficile da ottenere, ma anche la Germania ha utilizzato idrossiclorochina e azitromicina a tappeto, abbinandola anche ad altre sostanze come lo zinco che va ad implementare l’azione dell’idrossiclorochina. Lo stesso ha fatto anche la Corea del sud».

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